2009_11_19 Norma in scena al Fraschini di Pavia

Giovedì 19 novembre 2009, ore 20.30 (Turno abbonamento A)
Sabato 21 novembre 2009, ore 20.30 (Turno abbonamento B)
Tradizionale Stagione Lirica pavese Teatro G.Fraschini Pavia
Vincenzo Bellini
Norma , Tragedia lirica in due atti
Libretto di Felice Romani, dalla tragedia Norma ou L'infanticide di Alexandre Soumet. Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 26 dicembre 1831
Lo spettacolo è coprodotto dai Teatri del Circuito Lirico Lombardo: il Fraschini di Pavia (capo fila), il Teatro Sociale di Como, il Teatro Grande di Brescia e il Teatro Ponchielli di Cremona.
Costi: da  euro 55 (platea e palchi centrali) a euro 14 (posti in piedi)
 
Norma   Silvia Dalla Benetta
Adalgisa  Alessandra Palomba / Geraldine Chauvet
Pollione  Francesco Anile
Oroveso  Luca Tittoto
Flavio   Giorgio Trucco
Clotilde   Nadiya Petrenko
 
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Coro As.Li.Co. del Circuito Lirico Lombardo
Direttore, Daniele Rustioni
Regia, Pierpaolo Pacini
Scene, Tobia Ercolino
Costumi, Massimo Poli
Maestro del coro, Antonio Greco
Allestimento del Teatro Verdi di Pisa
Coproduzione del Circuito Lirico Lombardo, Teatro Verdi di Pisa, Auditorium S. Chiara di Trento
 
DANIELE RUSTIONI, direttore d'orchestra
Ha diretto l'Orchestra del Regio di Torino ed ha all'attivo collaborazioni con le settimane musicali di Stresa, l'Ashovert Music Festival in Inghilterra, la Royal Academy of Music e la National Opera Studio di Londra.
 
PIER PAOLO PACINI, regista
Diplomatosi come attore sotto la guida di Orazio Costa Giovangigli, ha svolto una intensa attività teatrale interpretando ruoli di protagonista o coprotagonista in opere di Sofocle, Ariosto, Moliere, Racine, Cechov, Ibsen, Becket, Miller e Majakowskj. Negli anni novanta ha iniziato ad occuparsi di regia lirica lavorando come assistente di Pietro Faggioni e collaborando in seguito con registi e direttori tra cui Julie Taymor, Luc bondy, Lev Dodin, Zubin Mehta e Claudio Abbado.
Protagonista femminile Silvia Dalla Benetta. Accanto a lei Alessandra Palomba nel ruolo di Adalgisa e Francesco Anile in quello di Pollione. Giorgio Trucco (Flavio), Luca Tittoto (Oroveso) Nadiya Petrenko (Clotilde).
Per i biglietti: Biglietteria del Teatro Fraschini (orari 11-13/17-19 dal lunedì al sabato) acquisto on-line www.teatrofraschini.it
 
NORMA: NOTE PER UN ALLESTIMENTO di Pier Paolo Pacini
 
Viene spontaneo immaginare Norma come un'opera notturna. E questo non solo per i motivi che sono evidenti (la notte, il buio dell'interno del tempio, l'oscurità di un culto misterioso), ma perché tutta la vicenda è ambientata nel cono d'ombra di situazioni e sentimenti che vengono tenuti nascosti, nel buio di emozioni celate, di cose non dette e di sentimenti non esplicitati, come l'amore di Norma per Pollione, e il segreto dei loro figli, l'amore di Pollione per Adalgisa e il senso di colpa di quest'ultima per l'attrazione che prova per lui, e poi ancora l'atmosfera di congiura data dalle schiere galliche pronte a sferrare un attacco a sorpresa ai Romani, il ruolo ambiguo di Oroveso, e così via.
Ma forse la vera oscurità di Norma non nasce dai luoghi così come sono descritti o come possono essere immaginati, o dagli avvenimenti che si susseguono spingendo la vicenda verso «il nero abisso» paventato da Pollione, bensì dalla situazione di partenza, dal dato drammaturgico iniziale con le sue già implicite conseguenze, vale a dire dalle premesse date e non dallo svolgersi dell'azione.
Norma è infatti la storia del buio di un luogo dell'anima di un essere umano. Un luogo dell'anima che è chiuso, da cui i sentimenti che sono negati e nascosti non possono uscire e manifestarsi liberamente. È la storia di verità celate che hanno fatto dell'esistenza di Norma un mondo senza più luce, un oppressivo ambiente claustrofobico che potrebbe essere descritto come un tunnel senza via di uscita. La vita di Norma nel momento in cui il sipario si alza sulla sua storia ci appare come una trappola in cui ella si è già infilata e che nel susseguirsi degli avvenimenti vediamo chiudersi progressivamente fino a diventare uno spazio talmente ristretto in cui è difficile muoversi e da cui non si può più uscire.
E questo è il dramma a cui assistiamo e di cui possiamo intuire fin dall'inizio l'epilogo. Norma è condannata a morire, perché non esiste compromesso possibile tra essere sacerdotessa druidica e amante del romano Pollione, e madre dei suoi figli. Noi, testimoni di questo conflitto, sappiamo fin dall'inizio che in nessun modo ella riuscirà a vivere insieme, anche se in maniera soltanto parziale, queste due esistenze che non possono appartenere alla stessa persona. Restiamo in attesa di vedere quando e come l'insanabile contrasto giungerà al suo epilogo. Quanto a Norma, ella ha potuto vivere in questa situazione, che è quasi schizofrenica, di "agire" in due realtà che sono chiaramente e indubitabilmente incompatibili tra di loro, tenendole separate in modo netto l'una dall'altra, rifiutandosi di vederle come due parti di se stessa e vivendo come due persone differenti ora nell'una ora nell'altra, passando di continuo dall'una all'altra. Noi siamo chiamati ad assistere alla fine di questo inganno, al momento in cui queste due realtà si incontrano, cioè quando Norma, scoprendo il tradimento di Pollione, è costretta a confrontarsi contemporaneamente con entrambe.
È allora che la loro contemporanea esistenza e la loro incompatibilità non può essere più negata e anche Norma capisce di essere andata talmente avanti che l'unica soluzione possibile è la morte, cioè la distruzione del labirinto emotivo in cui si è persa e di cui lei è artefice e vittima. Ed è attraverso questa morte che Norma ottiene la purificazione finale, la sua salvezza, l'uscita dalla trappola in cui era entrata.
In Norma dunque il conflitto tra il dovere che come sacerdotessa ha nei confronti del suo popolo e del suo dio e il suo amore per Pollione trova la sua ragione drammatica nel fatto che in ogni momento ella è pronta a sacrificare e tradire il suo popolo e suo padre perché non ha altra scelta, dato che altrimenti sarebbe costretta a riconoscere quello che noi spettatori sapevamo fin dall'inizio, cioè l'impossibilità dell'essere della sua storia e quale sia l'unica via d'uscita. Allo stesso modo acquista senso tragico di esistenza lacerata il suo continuo oscillare di sentimenti ed umori perché ogni variazione del suo stato d'animo non nasce soltanto dal contraddittorio manifestarsi della sua personalità, ma dalla progressiva e dolorosa consapevolezza (e dal conseguente angoscioso rifiuto) di quanto nella realtà è veramente.
La straordinaria bellezza di questo dramma e l'emozione che ci suscita nascono qui. Il resto della storia di Norma appartiene alla qualità dell'opera, del suo libretto e della sua musica. E se è vero che in ogni capolavoro è possibile trovare temi che possiamo riconoscere come a noi contemporanei, il personaggio che dà il titolo all'opera ne è uno degli esempi più luminosi. Non possiamo restare indifferenti alla sua storia, non riusciamo a non partecipare alla sua tragedia, perché in questo suo bisogno di ingannarsi cercando di sopravvivere in una realtà che la vede senza speranza di salvezza, in questo suo rifiuto di affrontarsi, possiamo riconoscere un male di vivere che oggi ci è molto familiare.
 
Note di approfondimento a cura di Mariateresa Dellaborra
 
Per tenere fede a un impegno preso con Giuseppe Crivelli, impresario del Teatro alla Scala di Milano, Vincenzo Bellini compone, per la stagione 1831-1832, Norma, tragedia lirica in due atti. Il libretto è del fidato Felice Romani che lo desume dal dramma omonimo di Soumet rappresentato a Parigi in quello stesso periodo con esiti strepitosi. La prima rappresentazione scaligera, invece, si rivela un completo fiasco. I motivi di un simile esito, subito comunque ribaltato dopo alcune repliche, sono da ricercarsi non solo nelle differenze tra i due libretti, ma anche e soprattutto nelle innovazioni che il musicista seppe introdurre, contrapponendosi a una consolidata tradizione melodrammatica, ma nel contempo dando vita a una nuova impostazione che rimarrà inalterata almeno sino alla trilogia verdiana. Innanzitutto il desiderio di distaccarsi dalla storia originaria, lasciandovi soltanto qualche lieve reminiscenza, sopprimendo alcune scene (l'infanticidio) e sostituendone altre (il finale), è focalizzato a spostare il centro dell'opera sull'amore tra Pollione e Norma, reso possibile soltanto tramite la morte. Adalgisa interviene solo per sublimare questo sentimento e per spingerlo verso la soluzione finale. In tal modo il soggetto, che conteneva precise rievocazione classiche filtrate attraverso la tragedia francese, si inseriva bene nel solco della tradizione operistica italiana. «Norma è un simbolo multiplo, complesso, sottratto al divenire cronologico, di cui l'aspetto della donna, tradita e vendicata, ma sempre accesa del suo amore, non è che una componente» (Isotta). Norma, legata a stilemi rossiniani, anticipa così un topos del teatro italiano ottocentesco: l'amore assolutamente puro, l'eroina innocente anche se incolpata e calunniata, e l'uomo destinato per sempre a pentirsi delle sue colpe. Ulteriore motivo di distacco dalle consuetudini operistiche appaiono le soluzioni personali immesse in alcuni punti e la ricerca di innovazioni nelle strutture. Ad esempio «Casta diva» è una cavatina d'esordio e «Deh, non volerli vittime» è un'aria finale, ma entrambe tendono a «superare i limiti della convenzione» (Cagli). E ancora la soppressione del tradizionale finale primo, nucleo centrale del melodramma secondo l'usanza fissata da Cimarosa e adottata sino a Rossini, e la sua conseguente  sostituzione con un terzetto lasciarono stupefatto il pubblico. Mancando il grande finale, l'attenzione si sposta sul secondo, la cui potenza espressiva si estende ben al di là della chiusura del sipario. La musica contribuisce al massimo grado a prolungare la vicenda oltre la morte, e a rendere eterna la storia d'amore tra Norma e Pollione, secondo quanto espresso dal testo poetico: «là più puro, là più santo, incomincia eterno amore».
La parte affidata alla druidessa è preponderante quantitativamente e qualitativamente: spazia in un'ampia gamma e con grande potenza; Pollione invece ha interventi convenzionali e un ritorno a certi rossinismi; Oroveso ha appena due sortite e Adalgisa un breve arioso che introduce il duetto con Pollione. La cornice in cui Norma si muove è dunque tagliata con sapienza e con contorni netti: un gran numero di marce e un uso generale del ritmo marziale, che ricorda un certo repertorio operistico, sono qui di grande effetto e tagliano l'opera in grandi sezioni. Una prima, costituita dalla sinfonia (che preannuncia alcuni temi del secondo atto), dalla cavatina di Pollione e dal coro dei Galli, serve ad introdurre la melodia straordinaria, quasi discesa dall'alto, di «Casta diva» che rappresenta il primo contatto di Norma con il mondo terreno. Quindi l'opera torna ai suoi ritmi guerrieri che rimarranno una costante sino alla fine dell'atto. Il cupo canto dell'inizio del secondo introduce il quadro in cui Norma assume più precisi contorni umani passando attraverso un grande numero di effetti sapientemente dosati - il lamento, il richiamo amoroso, l'ira, l'elegia - e rimanendo protagonista della scena. Contrasta con questa la seconda ampia sezione corale dei guerrieri e di Oroveso. Pollione riappare solo nel finale, in ceppi, incapace di sfuggire a Norma («Da me fuggire tentasti invano, crudel romano tu sei con me»), abile solo ad esprimersi spavaldamente con Adalgisa. Quando Pollione giunge di fronte al tribunale di Norma si realizza ciò che già si era prefigurato nel sogno del primo atto. Il duetto finale contrappone estese e compatte melodie di Norma a frammenti di frasi e sincopi di Pollione sino all'Andante sostenuto «Qual cor tradisti» che si apre a un ampio respiro dove «amore e vendetta, rimpianto e terrore si mescolano con una evidenza incredibile, senza che la melodia debba alterare la sua condotta» (Gavazzeni). I sentimenti opposti dei due convergono qui in unità: il ritorno di Pollione all'amore di Norma. La melodia che segue è il vero canto d'amore e di riconquista e su questa i due amanti, di nuovo uniti, si avviano al rogo.

FONDAZIONE TEATRO FRASCHINI
UFFICIO PROMOZIONE
Tel. 0382/371201-202 www.teatrofraschini.it

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