2011_05_07 Teatro Coccia e Durrenmatt

Sabato 7 maggio 2011_05_07 ore 21.00
Domenica 8 maggio 2011_05_08 ore 16.00

DIE PANNE
OVVERO LA NOTTE PIÙ BELLA DELLA MIA VITA
di Friedrich Dürrenmatt
adattamento Edoardo Erba

con Gian Marco Tognazzi e Bruno Armando
e con Giovanni Argante, Lombardo Fornara,
Franz Cantalupo, Lidia Giodano
Costumi Silvia Polidori; Scene Andrea Taddei
Disegno Luci Angelo Ugazzi
Regia Armando Pugliese
Coproduzione
Indie Occidentali S.r.l. e Neraonda

Lo spettacolo Die Panne,con Gian Marco Tognazzi, in cartellone per sabato 30 aprile e domenica 1° maggio è stato spostato, per problemi tecnici della compagnia, al fine settimana successivo, ossia a sabato 7 maggio e  domenica 8 maggio.

NOTE DELL’ADATTAMENTO

Se non l’avete ancora fatto, vale la peno che lo leggiate. La Panne è uno dei più bei racconti del Novecento europeo. Una trentina di pagine scritte con stile pulito, diretto, pochi fronzoli. Il solco è quello di Kafka, ma dove il maestro era espressionista, Dürrenmatt è quotidiano, come l’italiano Buzzati. Alfredo Traps, il venditore che ha fatto carriera, non è il misterioso K., è un nostro compagno di scuola, un vicino di casa, l’amico che magari abbiamo perso per strada. E la sala dove si svolge la vicenda non è all’interno di un fantomatico castello, ma in una bella villa svizzera, che ci immaginiamo calda, odorosa e arredata con mobili di buon legno. È qui che Alfredo Traps incontra i tre vecchi giuristi, il boia Pilet e la stupenda Simone. È qui dove una serata di bagordi ad alto tasso alcolico diventa un processo alla sua vita, in una virulenta emersione di contenuti inconsci e rimossi. La catarsi di Alfredo illuminato non è la liberazione dalla colpa, ma l’espiazione. Almeno nel racconto. Perché - e qui è interessante aprire una parentesi - il successo della novella e la sua naturale teatralità , spinse Dürrenmatt a riscriverla in diverse versioni drammatiche: un radiodramma trasmesso dalla radio Svizzera e un dramma per il palcoscenico. Le tre versioni sono abbastanza simili per quanto riguarda le premesse e lo sviluppo del processo. Ma ciascuna ha un finale diverso. Nella novella Traps, condannato a morte dalla corte dei tre vecchietti, si impicca. Nel radiodramma invece si risveglia la mattina dopo, prende la sua Jaguar ben riparata da un meccanico del paese, e riparte per il consueto giro di vendita. Nella versione teatrale di nuovo si ammazza, ma non in seguito a un giudizio perentorio, bensì dopo essere stato lasciato libero di scegliere la sua sorte da una sentenza speculare di assoluzione e condanna. Il mio adattamento ha come base il radiodramma, che a mio avviso ha un’agilità teatrale e una fedeltà alla novella che la versione teatrale ha un po’ smarrito, ed è quindi più fresco, più vitale. Ma ho ritenuto che l’eliminazione del suicidio finale tradisca un po’ lo spirito calvinista del racconto. Mi sono immaginato sia derivata più da una censura della Radio Svizzera che da una convinta volontà dell’autore. Perciò il finale è di nuovo quello della novella. Dalla versione teatrale ho preso i divertentissimi brindisi, il tormentone di Pilet (Ottimo!), l’espansione del personaggio di Simone (che Dürrenmatt in teatro chiama Justine) e un accenno al doppio giudizio nel finale, che rende il protagonista più reattivo e meno succube degli eventi. Originale invece è il menu, che ho riscritto su suggerimento dell’amico Luciano Ravasio, esperto di cucina internazionale. Della Panne forse ricorderete anche un film di Ettore Scola, con Sordi protagonista. Si intitolava: La più bella serata della mia vita. Scola aveva nazionalizzato il personaggio, accentuandone gli aspetti comici. Ma rifiutando il calvinismo di Dürrenmatt, aveva fatto morire il protagonista per una seconda panne, più insidiosa, all’automobile che da Jaguar si era italianizzata in Maserati. Interessante di questa versione soprattutto il titolo che riprende una battuta finale del giudice, dopo che Traps si è impiccato, emblematica dell’umorismo nero di Dürrenmatt: che peccato! Ci ha rovinato la notte più bella della nostra vita. Battuta che abbiamo usato, nella traduzione originale, nel nostro sottotitolo.
Edoardo Erba

FRIEDRICH DÜRRENMATT

Friedrich Dürrenmatt fu scrittore, drammaturgo e pittore. Dopo la Seconda guerra mondiale, ispirato dalla lettura di Lessing, Kafka e Brecht, iniziò a scrivere racconti brevi e pièces teatrali. Le sue prime opere sono ricche di elementi macabri e oscuri, trattano di omicidi, torture e morte. Insieme al connazionale Max Frisch è stato protagonista del rinnovamento del teatro di lingua tedesca, trattando in chiave grottesca i problemi della società contemporanea e smascherando le meschinità nascoste dalla facciata perbenista e borghese della società svizzera.

Trama
Un banale incidente, l’automobile in panne, costringe Alfredo Traps - rappresentante di tessuti - ad una sosta indesiderata. Cercando aiuto trova ospitalità a casa di un vecchio giudice in compagnia di due amici, un pubblico ministero e un avvocato in pensione che gli spiegano, con l’intento di coinvolgerlo, il loro unico passatempo: ricelebrare alcuni importanti processi storici come quello a Socrate, a Gesù e a Federico di Prussia. Tra una bottiglia di vino e l'altra, Traps si ritrova imputato in un vero e proprio processo e, in un'atmosfera sempre più inquietante, il gioco si fa realtà: il protagonista parla, si confessa, la sua vita mediocre sembra acquistare improvvisamente risvolti inaspettati; si scopre che Traps ha effettivamente compiuto un delitto divenendo l’amante della giovane moglie del suo principale che, avvertito anonimamente dell’accaduto dallo stesso Traps, è morto a causa di un infarto. Il delitto di Traps è il frutto di una mente assolutamente innocente e inconsapevole; la sua cattiveria è originaria e, come tale, esente da sensi di colpa a meno che qualcuno non intervenga a fargli notare che ha compiuto un delitto, a fare emergere i ricordi dalla nebbia di un passato neppure così tanto remoto, come hanno fatto i suoi commensali che lo hanno ospitato processandolo, come fanno con tutti gli ospiti che si trovano ad avere. E così raccontando le vicende della propria vita, rivelando il mistero del suo successo economico, Traps si trova di fronte alla prova della sua colpevolezza e si autoinfligge la condanna a morte che gli era stata sanzionata per gioco. Per Dürrenmatt, quindi, siamo tutti colpevoli: il racconto ne è soltanto la dimostrazione attraverso il paradosso.

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