2017_08_24 #laverdiestate continua l'appuntamento con la danza

Auditorium di Milano - largo Mahler
Giovedì 24 Agosto 2017, ore 20.30
Domenica 27 Agosto 2017_08_27, ore 20.30
Torna laVerdi all’Auditorium di Milano in due concerti dedicati alla grande musica legata alla danza
Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano
Direttore Maurizio Billi 
(Biglietti: euro 25,00/15,00; info e prenotazioni: Auditorium di Milano Fondazione Cariplo, largo Mahler, orari apertura: mar/dom, ore 10.00/19.00, tel. 02.83389401/2/3; on line: www.laverdi.org o www.vivaticket.it ). 

L’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi torna all’Auditorium di Milano, dopo il tradizionale concerto di Ferragosto, con un doppio programma dedicato alla grande musica per il ballo e la danza, nell’ambito della rassegna Danza: i passi della Musica: laVerdi sarà diretta per l’occasione da Maurizio Billi, direttore della Banda Musicale della Polizia di Stato dal 1992 e gradito ritorno in largo Mahler.
Primo appuntamento giovedì 24 agosto (ore 20.30), all’Auditorium di Milano Fondazione Cariplo: sul palco di largo Mahler anche il clarinetto solista di Calogero Palermo. In locandina: Rimskij-Korsakov (Capriccio Espagnol), Harlap (Clarinet Concerto – 1996), Marenco (Amor, poema coreografico – orchestrazione Maurizio Billi), Cajkovskij (Marche Slave), Borodin (Danze Polovesiane da Il Principe Igor). Dalla Russia all’Italia, il Maestro Billi sale sul podio de laVerdi per un grande viaggio nella danza europea del tardo ‘800: da un lato le sontuose e raffinate sonorità orientali, dall’altro le fantasie di un’Italia sempre più internazionale, ormai aperta agli stimoli della nuova Europa.
Il secondo appuntamento è per domenica 27 agosto (ore 20.30), sempre all’Auditorium di Milano, quando laVerdi – ancora diretta da Maurizio Billi – sarà accompagnata dal sassofono di Federico Mondelci e dalle voci soliste di Federica Balucani (soprano) e Aldo Caputo (tenore).
Particolarmente ricca e accattivante la locandina, sulle note di Karman, Bizet, Lehar, Sostakovich, Dvorak, Chacaturjan, Molinelli, Chabrier, Piazzolla, Lara. Dal mondo boemo alla Parigi del Secondo Impero, dalla Russia sovietica all’Argentina del secondo ‘900: la danza come linguaggio che dà voce ad ogni tempo e ad ogni spazio; la danza come strumento di espressione universale, capace di unirsi e di unire, con esiti sorprendenti, con la musica e con il canto.

Auditorium di Milano - largo Mahler
Estate 2017/DANZA: I passi della Musica
Giovedì 24 Agosto 2017, ore 20.30
Rimskij-Korsakov (Capriccio Espagnol)
Harlap (Clarinet Concerto – 1996) clarinetto solista di Calogero Palermo
Marenco (Amor, poema coreografico – orchestrazione Maurizio Billi)
Cajkovskij (Marcia Slava)
Borodin (Danze Polovesiane da Il Principe Igor)

Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano


Testo di Enrico Blatti : La danza, trait d’union, che accomuna la maggior parte delle composizioni del programma di questa sera, “è la madre di tutte le arti” come sosteneva l’etnomusicologo tedesco Curt Sachs. Precisava inoltre che, mentre “la musica e la poesia esistono nel tempo e la pittura e l’architettura nello spazio, la danza vive contemporaneamente nel tempo e nello spazio. Infatti, prima di affidare le sue emozioni alla pietra, al suono, l’uomo si serve del suo corpo per organizzare lo spazio e ritmare il tempo.” 
E sono proprio ritmo e tempo gli elementi cardine del Capriccio Spagnolo del Russo Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov (1844 – 1908). Il brano, evocazione di una Spagna vista attraverso la fantasia, si presenta sotto forma di un Concerto nel quale tutti gli strumenti, alternativamente, presentano una grande «cadenza di virtuosità». Dall’Alborada si passa a delle Variazioni che sfociano su una ripresa, ma mezzo tono più alto che nella prima esposizione. Seguono una Scena e canzone, un Fandango asturiano e una ripresa dell'Alborada iniziale animata da un movimento brillante e quasi frenetico. 
La Marcia Slava del contemporaneo e conterraneo di Korsakov, Pëtr Il'ič Čajkovskij (1840 – 1893), fu scritta sull’onda emotiva di un massacro compiuto dagli Ottomani ad danni dei Serbi in una delle innumerevoli guerre Balcaniche del XVIII secolo. In tutta la composizione l'autore mette in luce il suo spirito panslavo e il suo carattere nazionalistico, concludendo il lavoro con toni festosi e battaglieri e soprattutto con la splendida marcia in cui è evidenziato sempre di più il vecchio inno nazionale: Bože, Zarja chrani!. 
Il russo Aleksandr Porfir'evič Borodin (1833 – 1887) - Danze polovesiane, autodefinitosi “compositore domenicale” in quanto rinomato professore di chimica all'Accademia di Fisica di Pietroburgo e appunto compositore dilettante, dopo il successo della sua Sinfonia n. 1, resta folgorato dall’epopea del Principe Igor. Attratto dalla storia delle armate catturate dalle truppe polovesiane, ne immortala la figura e le gesta ne Il Principe Igor, opera teatrale rimasta incompiuta. Le danze, intrise di un acceso colorismo orientale, tanto caro a Korsakov, sono la pagina sicuramente più celebre di tutta l’opera e rappresentano il momento nel quale il Kan dei Tartari cerca in tutti i modi di intrattenere il suo nobile prigioniero Igor. 
Amor, poema coreografico in due parti e 9 quadri, del piemontese Romualdo Marenco (1841 – 1907), autore noto soprattutto per il suo celebre Ballo Excelsior, ebbe la sua prima al Teatro alla Scala nel 1886. Opera caratterizzata dalla presenza di 614 esecutori di cui 72 ballerine, 32 ballerini, 64 mimi, 48 corifee, 48 allieve, 350 comparse, 3100 costumi, 8000 oggetti, 12 cavalli, 2 buoi e un elefante, segnò l’inizio della querelle con Luigi Manzotti intorno alla spinosa battaglia riguardante il riconoscimento della proprietà intellettuale dell’opera d’arte. 
Il Concerto per Clarinetto ed Orchestra del compositore Israeliano Aharon Harlap (1941) dedicato alla clarinettista Orit Orbach ha visto la luce nel 1996. Scritto nei tre classici movimenti risente nella scrittura di influenze che vanno dalla musica popolare, al Klezmer alla grande produzione cinematografica Hollywoodiana,senza disdegnare la lezione dei grandi maestri del ‘900.

Auditorium di Milano - largo Mahler
Estate 2017/DANZA: I passi della Musica
Domenica 27 Agosto 2017_08_27, ore 20.30

Musiche di Karman, Bizet, Lehar, Sostakovich, Dvorak,
Chacaturjan, Molinelli, Chabrier, Piazzolla, Lara.
Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano
Direttore Maurizio Billi 

Testo di Enrico Blatti : Cos’è quel filo sottile che attraverso epoche e stili differenti può unire brani come la Vedova Allegra, España o Libertango? Come possiamo accumunare opere scritti da compositori vissuti in tempi e nazioni così lontane? Qual è il comune denominatore tra il Carnival Overture di Dvořák e il Waltz della Jazz Suite di Šostakovič? Semplice: la danza, quell’arte performativa che si esprime nel movimento del corpo umano secondo una coreografia, o attraverso l'improvvisazione. 
Antonín Dvořák (1841 – 1904), nella sua celebre Overture Op.92 ne coglie insieme la forza e la poesia facendone il motore pulsante del suo festoso Carnival. Così ne descrive i mille colori nella presentazione della prima avvenuta a Praga nel 1892 sotto la sua stessa direzione: “A wanderer reaches the city at nightfall, where a carnival of pleasure reigns supreme. On every side is heard the clangor of instruments, mingled with shouts of joy and the unrestrained hilarity of people giving vent to their feelings in the songs and dance tunes”. 
Romualdo Marenco, compositore piemontese della seconda metà dell’800, invece, nel suo Ballo Execlsior, come ci ricorda Flavia Pappacena, “…è attraverso la danza che prosegue la tradizione allegorica del Settecento, a partire dall'esaltazione della ragione, fino alla civiltà, intesa come processo di elevazione culturale.” 
La Danza è gioia, è allegria, è vita che si rigenera grazie al movimento. Vita gioia e allegria che tra la fine del ‘800 e l’inizio del ‘900 inondano Parigi di festante cultura spagnola. Potevi acquistare nacchere o ventagli come addirittura incontrare casualmente Isaac Albéniz o Manuel De Falla.
Sia Emmanuel Chabrier (1841 – 1894) che George Bizet (1838 – 1875) in Carmen ed España, rimangono affascinati dal mondo iberico, dalle sue donne misteriose e dalle seducenti habanere. In queste composizioni l’immaginario di Spagna prende vita, generato da una forza travolgente, e manifestandosi attraverso i ritmi sfrenati delle notti di Siviglia, le tiepide serate andaluse e la spensieratezza delle serenate gitane. E’ lo stesso fascino che colpisce anni dopo il messicano Augustin Lara (1900 – 1970). Granada, la sua più celebre composizione, è il manifesto più noto della città ai piedi della Sierra Nevada. Tutta la Nostalgia, l’amore e la passione sono racchiuse nel verso "terra da me sognata" (tierra soñada por mí). 
E’ invece la musica tzigana ed in particolare la Csárdás (danza popolare ungherese con introduzione lenta e finale incalzante la cui testuale traduzione è “dell’osteria” dal luogo dove originariamente veniva ballata) la fonte principale d’ispirazione del l’ungherese Emmerich Kálmán (1882 – 1953) considerato, insieme al conterraneo Lehar, il maggior compositore di quella che viene chiamata “l’età d’argento” dell’operetta viennese durante il primo quarto del XX secolo. Entrambi riuscirono nella fusione tra il valzer viennese e la musica popolare della loro terra restando comunque, sia melodicamente che armonicamente, legati ai grandi compositori del tempo, in particolare Puccini e Ravel. 
Spesso negli ambienti più intellettuali, La Vedova Allegra, considerata un genere minore, era il soggetto preferito di irriverenti prese in giro. Béla Bartók (1881 – 1945) cita parodicamente la variazione di “Vo’ da Maxim” nel quarto movimento del suo Concerto per Orchestra, mentre il russo Dimitrij Šostakovič (1906 – 1975) si diverte con la medesima aria inserendola nel primo movimento della sua celeberrima Sinfonia n. 7 Leningrado. 
Il compositore di San Pietroburgo dedica invece la sua Jazz Suite n. 2, nota ora più correttamente come Suite per orchestra di varietà, all’Orchestra Jazz Nazionale Sovietica. Causa la II Guerra Mondiale la partitura andò perduta, solo nel 1999 fu ritrovato fortunosamente uno spartito per pianoforte. I tre movimenti, ricostruiti e orchestrati da Gerard McBurney, vennero eseguiti a Londra per la prima volta nel 2000 dalla BBC Symphony Orchestra sotto la direzione di Andrew Davis. Il brano più noto, il valzer è stato reso celebre dalla colonna sonora del film di Stanley Kubrick Eyes Wide Shut.

Lontana dalla sensibilità di Šostakovič, suo contemporaneo, la musica del georgiano Aram Chačaturjan (1903 – 1978), risulta subito appassionata, illustrativa, ma sempre vicina all’estetica del realismo socialista. Spesso fa uso di stilemi folcloristici e popolari rimanendo tuttavia fedele ad un tonalismo classico, come nella celeberrima Danza delle Sciabole dal IV atto del balletto Gayaneth. La danza viene purtroppo spesso usata nel circo o in numeri di magia o di acrobazia, che l'hanno resa ingiustamente legata all'immagine circense e non a quella degli scenari orientali.

Discorso a parte merita l’argentino Astor Piazzolla (1921 – 1992). Qui la danza non è più allegria, non è più spensieratezza, soprattutto non è più solo danza. Il tango è poetica, interpretazione musicale, modo di esprimersi, di amare, di vivere e di morire.
Piazzolla fu un rivoluzionario, odiato ed amato in patria seppe dividere e al contempo unire. La sua musica El nuevo tango è diverso dal tango tradizionale perché incorpora elementi presi dalla musica jazz e fa uso di dissonanze e altri elementi musicali innovativi presi dalla cultura musicale europea. Libertango, scritto nel 1974, da lui non particolarmente amato, è universalmente riconosciuto come il suo brano più celebre.
La Milonga de la Anunciacion è invece tratta dall’Operina Maria de Buenos Aires del 1967. La trama si incentra sulla figura di Maria, operaia nata in un sobborgo povero di Buenos Aires “un giorno che Dio era ubriaco”. Irresistibilmente attratta da un tango ascoltato per strada, diventa una cantante, finendo per entrare in una casa di tolleranza dove muore, ancora giovanissima. In uno scenario totalmente surreale, la sua morte, decisa durante una messa nera si trasforma nella condanna all’inferno, e l’inferno è la stessa Buenos Aires, dove vaga il suo spettro. Intorno a Maria si muovono strani personaggi: El Duende, (il folletto) El Cantor, un giovane scrittore, vari elementi dell’arrabal (periferia) di Buenos Aires e degli psicanalisti, simbolo della profonda crisi civica e sociale dell’Argentina degli anni Sessanta.
È il Duende, alla fine, che va sulla tomba di Maria e la fa rivivere imponendole nuovamente la stessa terribile vita che aveva lasciato, così come è un demone il Bandoneon, che ammalia e seduce e la protagonista portandola per la seconda volta sulla strada della perdizione.

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